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Il Ceo Lunelli del gruppo omonimo, ha detto la sua, esplicitando chiaramente la sua posizione in merito i dazi.
Il loro prodotto non abbasserà il prezzo, e il costo in più lo pagheranno i consumatori e importatori.
Nell’articolo si parla di sfogo. Sicuramente la frustrazione è comprensibile, ma nella nostra accademia e filosofia manageriale, non c’è posto per la frustrazione nel business o per gli sfoghi.
Dunque analizziamo la situazione.
La scelta del Ceo è una di quelle possibili, ti dice: “Conosco il mio valore, lo conosci anche tu, se vuoi il mio prodotto te lo compri lo stesso, non è colpa mia!”.
Comprensibile e avranno fatto le loro valutazioni.
Ma facciamo NOI le nostre più in generale non conoscendo i conti del Ceo Lunelli.
Quando vi sono rapporti di partnership commerciale, intendiamo sia con l’importatore sia col cliente finale, una scelta così forte, direi appuntita comunque, è molto d’impatto, e non sembra tenere in considerazione anche la posizione reciproca dei nostri partners.
Se è vero che Business è Business, è anche vero che il partner commerciale in maniera trasversale è legato alla nostra azienda.
Intendo dire che la scelta dei dazi in questo caso è politica, e anche l’importatore/cliente finale pagherà il danno della scelta presa a monte. Dunque più che sfogarsi, occorrerebbe studiare comunque possibili alternative, che possano agevolare anche la posizione generale di tutti gli attori danneggiati nostra azienda, importatori/clienti finali.
Lo stesso prodotto infatti, che manterrò col prezzo maggiorato e totalmente a carico per l’importatore/ cliente, porterà sicuramente e per logica, un calo sia per le nostre vendite, nonché una possibile affezione verso i costi generali di contribuzione, distribuzione e produzione legati a quell’indotto.
La produzione di un Brand internazionale, seppur divisa in diversi paesi, e con quote differenti, ha i costi della filiera produttiva da valutare.
In più un brand, che vive anche di immagine dovuta alla presenza nei ristoranti alberghi del proprio prodotto, pagherà un costo indiretto, seppur meno visibile del dazio a monte, avendo meno presenza o calo e minor possibilità di ripetizione dell’acquisto. Come anche il nostro prodotto, essendo meno presente, sarà meno visibile e conosciuto dal nuovo possibile cliente, che un domani potrebbe ricomprarlo on line, senza dover andare presso il ristorante o negozio dove ci ha conosciuto.
Ciò significa problemi di costo logistico e di vendite, per esempio meno magazzino che ruota o più giacenza ferma in magazzino, anche possibile minor richiesta per le scorte d’acquisto del cliente a monte.
E nel caso di mercati internazionali, i costi di trasporto come anche di giacenza pur avendo le grandi firme magazzini con sede in loco, hanno comunque un’incidenza di costo.
Il prodotto fermo in deposito non va mai bene. Sia perché avremo costo del personale o mezzi di consegna da mantenere ugualmente, sia per possibile deperimento del prodotto, pericolo di furto, incidente, cambio di contingenze economiche.
Il risultato di una scelta così forte potrebbe essere una perdita importante per tutto l’indotto della nostra azienda.
Rispettando sempre le scelte del Ceo in questione, dovremo considerare il caso in cui ci saranno altri prodotti di altri competitors, che prenderanno il nostro posto. Quest’ultimi magari sceglieranno di tenere duro e aspettare un cambio nei prossimi mesi, visto i forti contraccolpi, agevolando i partner commerciali e dividendo in quota parte o comunque riducendo i costi per il cliente finale.
C’è chi come la Lavazza per esempio, che ha annunciato lo spostamento della produzione in USA, per raggirare gli alti costi del mercato con l’introduzione dei dazi da parte di Trump.
Questa situazione è ancora in itinere.
Ragion per cui io consiglierei di attendere i veri sviluppi, oltre l’impatto iniziale delle dichiarazioni del governo americano. Credo che la mossa di Trump, che è un imprenditore, e che non è l’ultimo arrivato nel mondo dell’impresa, punti in realtà a spaventare i mercati esteri, volendo una ricontrattazione vantaggiosa generale negli accordi, che agevoli gli scambi con gli USA, paese importatore per eccellenza. Basti vedere quello che è successo con il governo Messicano, dove si è rinegoziato tutto l’assetto.
In situazioni così tempestose ed incerte, le mosse devono essere oculate. Bisogna monitorare continuamente gli sviluppi, così da cambiare strategia velocemente, evitando perdite ingenti per la propria azienda.
Occorre mantenersi freddi proprio nella tempesta, il Manager di razza si vede lì, in queste occasioni, dove è sempre valida la regola : “Mai spazio all’impeto e alla pancia e nessuno sfogo nel business”.
E poi consiglierei continuo dialogo con il partner commerciale, che non merita e non dovrebbe essere mai abbandonato o lasciato al suo destino, per tutti i motivi indicati nell’articolo.
Senza contare che un domani potremmo avere un boomerang negativo e di ritorsione, proprio da parte di coloro che fino a poco tempo fa, erano un indotto importante per la nostra azienda.