Bialetti un altro marchio storico italiano è diventato Cinese. Ma vediamo un po’ di fare il punto. Cosa succede all’Italia intesa come Made in Italy?
La storica azienda Bialetti, celebre per le caffettiere e per l’inconfondibile logo con l’omino baffuto, mitica la caricatura di Renato Bialetti disegnata da Paul Campani per Carosello, passa in mani cinesi.
La società è stata acquistata dal gruppo lussemburghese Nuo Capital che fa capo al magnate cinese Stephen Cheng. L’acquisizione riguarda il 78,56 per cento delle azioni della società, per un valore di 47 milioni di euro.
E’ assurdo pensare che stia accadendo, la sua Moka Express sia nella collezione permanente della Triennale di Milano e del MoMA di New York.
Le dichiarazioni ufficiali di Francesco Ranzoni, presidente del consiglio di amministrazione di Bialetti. dicono che “Bialetti oggi è una realtà internazionale con un grande potenziale, e che il subentro di Nuo Capital rappresenta ora una leva strategica per rafforzare ulteriormente il brand e consolidarne il posizionamento sui mercati esteri”.
Ma è davvero così? E perché non farlo da soli? Perché è i perdita, ecco perché.
L’attuale amministratore delegato, Egidio Cozzi, che manterrà il suo posto e ruolo, dichiara che in considerazione del fatto che la società ha riportato, nel 2023, una perdita di 1,1 milioni di euro, l’acquisizione cinese fa parte di un’operazione più ampia ristrutturazione del debito aziendale.
Dopo il completamento dell’acquisto, previsto entro fine giugno 2025, Nuo Capital dovrà lanciare un’offerta pubblica di acquisto (Opa) obbligatoria per le rimanenti azioni, con l’intenzione di eliminare le azioni Bialetti dalla Borsa di Milano. Il corrispettivo dell’Opa è fissato a 0,467 euro per azione.
Il focus futuro sarà sull’innovazione, l’internazionalizzazione e la qualità del prodotto” e conferma che l’azienda manterrà la sua identità.
Ma quello di Bialetti non è un caso isolato. Stiamo perdendo la nostra forza di Brand italiano in tutti i settori, perché non siamo più competitivi, questa è la verità. Abbiamo perso più del 70 percento dei marchi ed asset strategici, manifattura, nella moda, nei trasporti, nel cibo, nelle comunicazioni. Abbiamo grossi problemi manageriali nella gestione del cambiamento del panorama con la globalizzazione, con i mercati cinesi ma non solo, che sembrano inghiottire tutto e tutti. Il management italiano a nostro avviso è povero di risorse valide, è clientelare, con amministratori ricchi ma poco attenti o preparati, pur avendo titoli e blasoni.
Tra le italiane che sono state acquisite da gruppi cinesi c’è per esempio Pirelli, Benelli, Candy, Fioriucci, Parmalat, Valentino, Telecom la lista è lunghissima.
Bialetti continuerà a produrre la mitica moka nel nostro paese, soprattutto nello stabilimento piemontese di Omega. Mentre altre aziende italiane puntano alla valorizzazione della tradizione o al coinvolgimento in iniziative locali per rafforzare il legame con la comunità, come nel caso di Parmalat. Ma quale è il reale futuro del Made in Italy se si continua a vendere e svendere quello che è la storia del nostro paese?